“Abbiamo condotto la prima ricerca bibliometrica in assoluto effettuata sui 100 articoli più citati sull’argomento” spiega Giusy Rita Maria La Rosa, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania e ricercatrice CoEHAR “Gli studi inclusi nella revisione coinvolgono 160 autori provenienti da 29 paesi diversi e sono stati pubblicati su 45 riviste. Il periodo di pubblicazione va dal 1999 al 2020. I dati che abbiamo raccolto forniranno le basi per una valutazione critica da parte di medici e ricercatori, favorendo l’avanzamento nella gestione e nel trattamento di patologie dentali diffuse, come la carie”.
fluorescenza

Il team di ricerca di CoEHAR ha condotto una ricerca bibliometrica sui 100 articoli più citati sull’utilizzo della fluorescenza quantitativa indotta da luce, una tecnologia che sfrutta l’autofluorescenza dei denti per rilevare la demineralizzazione, determinando così l’impatto di questo strumento e i trend emergenti nel settore.

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La carie e le altre patologie parodontali rappresentano un fattore di rischio per la salute orale a livello globale: rilevare l’insorgenza di queste lesioni in maniera precoce è fondamentale per un intervento tempestivo e per attuare misure preventive per arrestare o invertire la progressione della condizione.

Tradizionalmente, il metodo più usato per valutare lo stato di avanzamento di queste condizioni consiste nella valutazione visiva che, sebbene efficace, non riesce a individuare lesioni precoci o posizionate in punti meno visibili, soprattutto nelle aree prossimali o nelle superfici lisce vicino alla gengiva. Negli ultimi anni, però, l’emergere di nuove tecnologie, come la fluorescenza quantitativa indotta da luce, ha rivoluzionato il campo del rilevamento e della gestione di tali patologie, offrendo il vantaggio di fornire misurazioni quantitative della disparità nella radianza della fluorescenza tra le strutture dentali sane e quelle affette da carie e consentendo di individuare lesioni microscopiche.

Abbiamo condotto la prima ricerca bibliometrica in assoluto effettuata sui 100 articoli più citati sull’argomento” spiega Giusy Rita Maria La Rosa, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania e ricercatrice CoEHAR “Gli studi inclusi nella revisione coinvolgono 160 autori provenienti da 29 paesi diversi e sono stati pubblicati su 45 riviste. Il periodo di pubblicazione va dal 1999 al 2020. I dati che abbiamo raccolto forniranno le basi per una valutazione critica da parte di medici e ricercatori, favorendo l’avanzamento nella gestione e nel trattamento di patologie dentali diffuse, come la carie”.

Di seguito, i punti principali emersi da questa innovativa review:

  • RIVISTE E FATTORI DI IMPATTO: Caries Research è risultata essere la rivista che ha contribuito maggiormente alla diffusione di articoli scientifici sull’argomento (10 numeri di articoli), seguita da Journal of Dentistry e Acta Odontologica Scandinavica (n = 8, ciascuno), American Journal of Orthodontics and Dentofacial Ortopedia e European Journal of Oral Sciences (n=6, ciascuno), European Journal of Ortodonzia (n=5) e Photodiagnosis and Photodynamic Therapy (n=4). Nell’insieme, queste riviste hanno contribuito alla diffusione del 47% degli articoli più citati sull’argomento. I primi cinque articoli hanno ricevuto più di 100 citazioni ciascuno.
  • AUTORI: Pretty IA è l’autore più prolifico (18%). 
  • AREE GEOGRAFICHE E AFFILIAZIONI: i 100 articoli più importanti sulla tecnologia QLF provengono da 24 aree geografiche differenti. 94 dei 100 articoli più citati provengono dall’Europa che, quindi, ha registrato il maggior numero di citazioni (n=1875). Il Regno Unito ha il maggior numero di articoli più citati (32%), seguito da Paesi Bassi e Stati Uniti (20% ciascuno).
  • DESIGN DEGLI STUDI: Il design di studio più frequente è quello dello studio di laboratorio (n = 45), seguito dagli studi clinici randomizzati (n = 20) e dalle revisioni non sistematiche (n = 11), che rappresentano collettivamente il 76% di tutti gli articoli revisionati.

L’uso delle tecnologie nella diagnosi delle carie, che forniscono un input visivo attraverso immagini, può aumentare la consapevolezza del paziente sull’entità del danno e può aumentare l’accettabilità dei trattamenti domiciliari o professionali. Le stesse tecnologie, basate su una valutazione oggettiva e riproducibile del danno tessutale, sono utili anche per i medici e i ricercatori per monitorare le lesioni e prendere decisioni basate su dati verificabili e solidi”.