Un’importante collaborazione di ricerca tra l’Università Kore, il CoEHAR dell’Università di Catania e l’Università di Palermo ha rivelato che il biomarcatore dello stress ossidativo 8-iso-prostaglandina-F2α (8-iso-PGF2α) è significativamente associato al rischio cardiovascolare a 10 anni nei pazienti con ipertensione.
Lo studio ha valutato 432 pazienti ipertesi (di età compresa tra 40 e 75 anni). I ricercatori hanno misurato i livelli sierici di 8-iso-PGF2α utilizzando il metodo ELISA e hanno determinato il rischio cardiovascolare attraverso due sistemi di punteggio ben validati: il Framingham Risk Score (Fr-S) e l’Atherosclerotic Cardiovascular Disease Risk Score (ASCVD-S). I pazienti con un rischio cardiovascolare più elevato hanno mostrato livelli significativamente aumentati di 8-iso-PGF2α, in particolare quelli con funzione renale preservata (eGFR ≥ 60 mL/min/1,73 m²). Al contrario, questa associazione non è stata osservata nei pazienti con funzione renale compromessa, suggerendo che un danno vascolare avanzato in questi individui potrebbe mascherare il ruolo dello stress ossidativo.
Il Prof. Riccardo Polosa del CoEHAR ha dichiarato: “Questa scoperta rappresenta un punto di svolta nella stratificazione del rischio cardiovascolare. Integrare biomarcatori come l’8-iso-PGF2α nella pratica clinica potrebbe rivoluzionare il nostro approccio alla diagnosi precoce e alla prevenzione, salvando vite grazie a cure realmente personalizzate.”
La Dott.ssa Caterina Carollo dell’Università di Palermo ha commentato: “Il nostro studio dimostra per la prima volta che l’8-iso-PGF2α è indipendentemente associato al rischio cardiovascolare a 10 anni nei pazienti ipertesi senza malattia cardiovascolare manifesta. Questi risultati evidenziano il potenziale dei marcatori dello stress ossidativo nel completare gli strumenti di valutazione del rischio esistenti, permettendo strategie di riduzione del rischio cardiovascolare più personalizzate e tempestive.”
L’identificazione precoce del rischio cardiovascolare è cruciale per l’implementazione di strategie preventive efficaci. L’integrazione dei biomarcatori dello stress ossidativo come l’8-iso-PGF2α nelle valutazioni cliniche di routine potrebbe:
- Migliorare la precisione della stratificazione del rischio.
- Consentire interventi terapeutici più mirati e tempestivi.
- Ridurre, in ultima analisi, il peso delle malattie cardiovascolari tra i pazienti ipertesi.
Sebbene i risultati siano promettenti, il team di ricerca sottolinea la necessità di ulteriori studi longitudinali per confermare questi dati ed esplorare le più ampie applicazioni cliniche di questo approccio innovativo.