Essere un paziente affetto da diabete e fumatore significa raddoppiare le possibilità di incorrere in complicazioni o sviluppare patologie cardiovascolari. Eppure, smettere per questi pazienti non è facile, complice le difficoltà legate alla gestione di una patologia come il diabete. Le terapie comportamentali rappresentano un territorio ancora da valutare i cui risultati possono rappresentare un vero punto di svolta per i pazienti che convivono con il diabete e che vogliono abbandonare il fumo. Ma quali sono le più efficaci e quali i dati promettenti ottenuti fino ad oggi?
LINK: https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/21501319241241470
Catania, 30 Aprile 2024– Il diabete è una patologia che affligge oltre 400 milioni di persone nel mondo, comportando un cambiamento radicale nello stile di vita dei pazienti che ne soffrono. Purtroppo, tra i fattori di rischio modificabili che più influiscono sul decorso della malattia, il fumo rappresenta un ostacolo difficile da oltrepassare: i componenti sprigionati dalla combustione della sigaretta, infatti, non solo rappresentano un fattore di rischio per il pre-diabete e diabete mellito, ma ne complicano il decorso e impediscono un’auto-medicazione efficace.
Ma ad oggi, come si può aiutare chi fuma e al contempo soffre di diabete?
“Purtroppo, non è semplice intervenire in questa specifica categoria di pazienti” spiega Roberta Sammut, Professoressa Associata presso la Faculty of Health Sciences, Università di Malta e prima autrice dello studio “il diabete può scatenare stress, ansia o depressione a causa della modifica dello stile di vita dei pazienti. E il fumo, per molti, rappresenta una maniera di gestire questa condizione”.
Come per tutti i fumatori, le terapie comportamentali, e l’eventuale combinazione con una terapia farmacologica sostituiva, potrebbero avere effetti positivi. Ma la letteratura scientifica in merito non è chiara, lasciando aperto un ampio campo di indagine.
“Visto l’efficacia delle terapie comportamentali, a volte abbinate a interventi farmacologici, abbiamo voluto valutare quale fosse lo stato dell’arte della ricerca su questi approcci tra i pazienti fumatori affetti da diabete che desiderano smettere e quali interventi and oggi possono garantire una maggiore chance di successo. Abbiamo quindi valutato le 5 tipologie di intervento più conosciute, valutando i dati ottenuti”.
I risultati sono stati inclusi nella review “Behavioural therapy for people with diabetes who smoke: a scoping review”, pubblicata su Journal of Primary Care and Community Health : ad oggi, emerge chiaramente come i pazienti che soffrono di diabete non siano oggetto di trattamenti mirati e che ci sia ampio spazio per progressi. Sembra, infatti, che terapie più strutturate e intensive possano giovare ai pazienti diabetici nel dire addio al fumo di sigaretta, mentre ancora poco si sa della possibile interazione tra le terapie comportamentali e quelle farmacologiche sostitutive della nicotina.
“I risultati ci confermano che poco sappiamo su come intervenire efficacemente tra i pazienti che convivono con il diabete e che fumano, per scardinare il complesso meccanismo che regola la dipendenza da sigaretta, soprattutto in presenza di altre patologie”spiega Davide Campagna, Ricercatore di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania “Quello che sappiamo, però, è che questo territorio inesplorato contiene le caratteristiche per migliorare enormemente le condizioni di vita dei pazienti diabetici, che spesso lottano contro due nemici, la malattia e la dipendenza da fumo”.
La review si è concentrata sull’analizzare le terapie comportamentali più importanti per i percorsi di cessazione, ovvero il metodo delle 5A, la terapia cognitivo-comportamentale, il colloquio motivazionale, la gestione della contingenza, l’health coaching e il counselling. Su un totale di 1615 studi analizzati sia nella struttura che nei risultati, è emerso che solo 8 rientravano perfettamente nel campo di indagine (3 per il metodo delle 5A, 4 per quello dell’intervista motivazionale e 1 per il counselling). Un gap che dimostra come un certo numero di
interventi psicologici, in particolare gli interventi cognitivo comportamentali, che
hanno dimostrato di essere efficaci nel supportare la cessazione del fumo nella popolazione e nella gestione delle malattie croniche, non sono ancora stati studiati in relazione alle persone che vivono con il diabete.
Per aumentare le probabilità di successo per i pazienti affetti da diabete che desiderano smettere di fumare, sono necessari interventi strutturati e intensivi, basati su evidenze scientifiche all’avanguardia risultato di studi mitologicamente rilevanti, e che siano costruiti intorno ai bisogni della persona e di tutti coloro che la assistano, compresi interventi educativi e formativi sia ai caregiver che agli assistenti sanitari.
In conclusione, come dichiarato dal prof. Pasquale Caponnetto, ricercatore di psicologia clinica presso la Sezione di Psicologia del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Catania: “Per aumentare la probabilità di successo delle persone affette da diabete che desiderano smettere di fumare, sono necessari interventi strutturati e intensivi, basati su evidenze scientifiche all’avanguardia, derivanti da studi con una metodologia studiata e standardizzata e costruiti attorno alle esigenze dell’individuo e di tutti coloro che lo assistono, compresi interventi educativi e formativi sia per i caregiver informali che per gli operatori sanitari. E questo studio dimostra ancora una volta che, al di là degli strumenti utilizzati per aiutare le persone a smettere di fumare, il supporto psicologico aumenta sempre le possibilità di smettere di fumare“.
Le ricerche future devono inoltre valutare l’approccio combinato delle terapie comportamentali e delle terapie sostitutive della nicotina: i pochi studi inseriti a riguardo, non davano risultati chiari in merito all’uso combinato di entrambi gli approcci, sottolineando la necessità di investire in questa settore di ricerca.